lunedì 20 agosto 2007

ARTICOLO IL SOLE 24 ORE SU AEROPORTI ITALIANI

Progetto di Ryanair – Il nodo Montichiari

Aeroporti militari addio

Viterbo in prima fila come terzo scalo romano


È Viterbo la città favorita per ospitare il terzo aeroporto del Lazio, che sarebbe destinato ai voli a basso costo. Alcune compagnie low cost, tra cui Ryanair, hanno mostrato interesse per il progetto e si sarebbero rese disponibili a investire per lo sviluppo dello scalo. Nella partita per il controllo degli scali militari in via di dismissione continua intanto il braccio di ferro su Brescia Montichiari.

Trasporti. Piano dell’aeronautica per la riduzione delle basi operative e il passaggio degli scali al demanio civile


Il risiko degli aeroporti militari

Il terzo polo laziale e il controllo di Montichiari accendono la contesa
Luca Benecchi

Sono la battaglia senza esclusione di colpi su Brescia Montichiari e la probabile scelta di Viterbo come terzo aeroporto del Lazio le due importanti partite sul futuro dell’assetto del sistema aeroportuale italiano che si stanno giocando in questi giorni. Due scali il cui sviluppo potrebbe cambiare non poco la geografia del traffico cargo e di quello low-cost. e in prospettiva modificare l’equilibrio tra i piccoli aeroporti di provincia e i grandi hub metropolitani sui quali pesa l’interrogativo sul futuro di Alitalia. Una sfida che è cominciata e che ha già visto scendere in campo alcuni dei protagonisti. Gli occhi sono dunque puntati su questi due aeroporti (a tutt’oggi militari) che la Difesa, per una ragione di costi, non ha più interesse a mantenere operativi. L’aeronautica già da tempo ha fatto le sue scelte strategiche: inevitabile la riduzione e la concentrazione delle basi operative. Aviano, Istrana, Ghedi, Vicenza, Trapani, Brindisi, Gioia del Colle, Pratica di Mare, Cameri e Pisa non si toccano. Ma per gli altri scali la disponibilità e trattare c’è. Anche se non si può parlare di una trattativa vera e propria bensì di un passaggio di proprietà al demanio civile. Come detto, un modo per risparmiare sui costi di gestione (l’Aeronautica nei suoi scali si occupa infatti anche del controllo di volo) in un periodo in cui i cordoni della borsa della spesa sono ben annodati. Ma non è la prima volta che si tenta questo passaggio. Un protocollo d’intesa firmato dell’ottobre 2004 dai ministri delle Infrastrutture, della Difesa e dell’Economia, conveniva di procedere alla dismissione di alcuni aeroporti militari ad uso promiscuo. Tra questi Roma-Ciampino, Ancona, Napoli-Capodichino, Brescia, Verona, Cagliari, Catania, Rimini, Palermo, Udine, Capua, Treviso e Vicenza. Da allora non è successo più nulla se non la decisione dell’attuale ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, di procedere analizzando caso per caso con l’unica clausula del costo zero per lo Stato.


GARA A TRE

Viterbo favorita su Latina e Frosinone: anche Ryanair, dopo i veti su Ciampino, avrebbe manifestato interesse per l’impianto.

Una sfida strategica è quella per l’individuazione del terzo aeroporto del Lazio. In lizza ci sono altri tre scali militari: Viterbo (sede dell’Aviazione dell’Esercito), Frosinone e Latina. La decisione sarà presa a fine settembre ma in pole position ci sarebbe proprio Viterbo in quanto vicino all’Autostrada del Sole e al porto di Civitavecchia. Le “avversarie” sembrano in affanno: Frosinone è anche residenza per diverse famiglie dei militari e il trasferimento sarebbe troppo oneroso. Latina, nonostante l’appoggio della Regione Lazio, sconta invece una carenza di collegamenti. La scelta è tanto più rilevante dopo la decisione del ministero dei Trasporti di ridurre i voli low-cost su Roma-Ciampino (anch’esso di proprietà dell’Aeronautica militare anche se gestito da Adr) da 138 a 130. Recentemente proprio alcune compagnie a basso costo, tra cui Ryanair (che ha fatto ricorso al Tar contro la decisione del ministero), avrebbero mostrato interesse dichiarandosi anche pronte ad investire cifre importanti per lo sviluppo del terzo scalo laziale.


FACCIA A FACCIA

La pista bresciana è al centro di un braccio di ferro tra la società veronese che gestisce il Catullo e le forze politiche e imprenditoriali locali.

Anche per Brescia Montichiari i nodi stanno arrivando al pettine. Il decreto per il passaggio al demanio civile è in fase di definizione. Una decisione che poi permetterebbe all’Enac di completare le procedure per l’assegnazione della concessione a una società di gestione. Ma se fino a ieri la richiesta era ad appannaggio naturale della società veronese che gestisce sia il Valerio Catullo che Montichiari, oggi le cose si sono parecchio complicate per la discesa in campo delle istituzioni bresciane. Con un accordo politico trasversale capeggiato dagli industriali (Aib) e dalla Camera di commercio si cerca infatti di riportare l’aeroporto sotto il controllo della città lombarda. Il primo a fare la voce grossa è stato il presidente dell’Aib fabio Tamburini: <>. L’accusa nei confronti dei veronesi e quella di non aver investito sul traffico passeggeri, limitando il raggio d’azione dello scalo al cargo. Solo che la partita per l’ottenimento della concessione è tutt’altro che scontata perché la Catullo detiene una sorta di prelazione. Per dirimere lo scontro nei primi giorni di agosto si è svolto al ministero dei Trasporti un primo tavolo istituzionale. La ricerca del compromesso pare inevitabile. Al fine di trovare un accordo potrebbe anche risultare decisivo, come contropartita, il passaggio al demanio civile, e quindi al Catullo, di una porzione del sedime aeroportuale ancora in capo alla Difesa proprio dello scalo di Verona. La posta in palio è alta. Il perché sta tutto nell’unicità della struttura di Montichiari, situato in una zona ad alta domanda di traffico aereo, dotata di una pista più lunga di quella di Malpensa e con un’area circostante non urbanizzata che le consentirebbe di pensare ad uno sviluppo di grandi prospettive.

In Italia ci sono 101 aeroporti destinati all’uso civile. Ventidue hanno un’origine militare e ancora oggi appartengono al demanio della Difesa. Gli altri invece sono in capo al demanio statale gestito dal ministero dei Trasporti.
Gli scali militari/civili possono essere di tre tipologie: aperti al traffico civile autorizzato, aperti al traffico solo eccezionalmente oppure promiscui. Ovvero le infrastrutture di volo, pur intestate al demanio militare, vengono utilizzate sia dai militari che dai civili ed entrambi provvedono alla spesa di manutenzione.

Tra quelli che la Difesa potrebbe cedere ci sono gli scali di Cagliari Elmas, Guidonia, Rimini Diramare, Brescia Montichiari, Roma Ciampino e Verona Villafranca.

Riforma Bianchi, un ostacolo alla concorrenza
Gianni Dragoni

Il piano del Ministro Bianchi di riforma del trasporto aereo ostacola la liberalizzazione dei cieli. E, attraverso una pianificazione statale del ruolo degli aeroporti, sbarrerebbe la strada alla compagnie a basso prezzo, le low cost. Lo sostiene l’Istituto Bruno Leoni (Ibl) di Torino, in uno studio che si intitola “La riforma del trasporto aereo – Un balzo all’indietro di dieci anni”.

Secondo il rapporto curato da Andrea Giuricin, assistente di politica economica pubblica all’Università di Milano Bicocca, la liberalizzazione del trasporto aereo, attuata grazie all’azione dell’Unione Europea negli ultimi dieci anni, verrebbe compromessa – secondo lo studio – dal disegno di legge di riforma del Ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi. Il progetto, presentato il 22 dicembre 2006 e non ancora approvato dal Parlamento, prevede in particolare “Un piano Nazionale degli aeroporti”.

Lo studio ricorda che la crescita delle low cost ha permesso lo sviluppo di aeroporti secondari con effetti benefici per il turismo e l’occupazioni di molte regioni europee periferiche. Negli ultimi cinque anni (2002-2006) la crescita dei maggiori aeroporti europei è stata inferiore al mercato, perché – osserva lo studio – “Le compagnie low cost, che hanno trainato il settore, preferiscono utilizzare scali secondari rispetto ai grandi hub dove i costi e i tempi di rotazione sono maggiori”.

Dal 2002 al 2006 la crescita del traffico è stata del 27% in tutti gli aeroporti europei. Londra Heathrow è il primo con 67,7 milioni di passeggeri nel 2006 (+6% sul 2002). Solo due italiani nei primi quindici: Fiumicino ottavo (30,33 milioni, + 22%), Malpensa tredicesimo (21,9 milioni, + 25%). Londra Stansted, base della Ryanair, è cresciuto del 48%, da 16 a 23,7 milioni.

Mostra una crescita più marcata, l’82% in quattro anni, dal 2003 al 2006, rispetto alla media europea del 21% un campione di ventuno scali più piccoli utilizzati in prevalenza dalle low cost.

Il campione è guidato da Londra Luton (9,4 milioni nel 2006, + 39% in quattro anni), include Bergamo (5,2 milioni, + 86%), Ciampino (4,9 milioni, + 185%), Pisa (3 milioni, +112%), Treviso (1,3 milioni, +96%).

Nel primo semestre di quest’anno, secondo l’Ibl, gli aeroporti italiani sono cresciuti del 9,2%: quelli con vettori low cost del 14,4%, quelli senza low cost 4,6%.

La coda delle compagnie low cost nel luglio 2007, ha raggiunto quasi il 19% del mercato italiano, rispetto al 15% dell’aprile 2006, dice l’Ibl. La quota dei vettori a basse tariffe è più alta nei voli internazionali, con il 24% contro il 7% dei voli nazionali, nei quali c’è scarsa disponibilità di slot sulle principali rotte.


DISEGNO DI LEGGE DELEGA

Per l’Istituto Bruno Leoni limiterebbe l’attività delle compagnie low cost che ha favorito lo sviluppo degli scali minori.

Secondo l’Ibl la riforma dovrebbe partire “dalla grande crescita dei voli low cost in Italia, +32,7% nell’ultimo anno, da luglio 2006 a luglio 2007”.

Il disegno di legge delega di Bianchi prevede un piano degli aeroporti, con una classificazione d’autorità che attribuisce a ciascuno “valenza nazionale, regionale, o locale”.

Secondo l’Ibl. Questo ha il chiaro obiettivo di introdurre una pianificazione statale.

Gli aeroporti locali non potranno sviluppare le tratte internazionali (…). Il ministro vuole scegliere quale aeroporto sviluppare e toglie al mercato la possibilità di scelta. Le compagnie low cost sarebbero in gran parte eliminate e la loro attività ridotta.

Altre limitazioni deriverebbero dall’”atto di indirizzo” presentato da Bianchi due mesi prima del progetto di riforma, che prevede la “riconduzione a un soggetto pubblico della gestione degli slot” e “forme di (…) razionalizzazione del traffico”. L’Ibl dubita che il soggetto pubblico sia “garanzia di una migliore gestione degli slot” rispetto rispetto all’Assoclerance (associazione tra gli operatori) e afferma che, con la “razionalizzazione del traffico”, Bianchi “ancora una volta si sostituisce al mercato e sembra voler favorire Alitalia con la riduzione della concorrenza”. Anche il piano di ridimensionamento di Ciampino, secondo l’Ibl, penalizza le compagnie low cost e i consumatori.

FONTE IL SOLE 24 ORE; PUBBLICATO SU ONTUSCIA.IT

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RAPPORTO TECNICO "ENAC" VITERBO STRAVINCE.

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