giovedì 23 agosto 2007

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA REPLICA DI BARTOLETTI AL SINDACO DI CIVITAVECCHIA MOSCHERINI

Qualche giorno fa il sindaco di Tarquinia lanciava l’idea di realizzare lo scalo laziale nella sua città, tradendo le chiare e precise direttive dei dirigenti del suo partito che, in una recente conferenza stampa, invitavano i sindaci della Tuscia a deliberare pro-aeroporto di Viterbo. Roba che qualche anno fa, avrebbe comportato la scomunica del franco tiratore dal partito, ma che oggi, in tempi di equilibri politici instabili, è passata in cavalleria o al massimo si è risolta una tiratina d’orecchie. Tiratina che, dopo le roboanti dichiarazioni di Moscherini contro lo scalo vitebese, ha fatto si che anche Mazzola recitasse il mea culpa: «Il Comune di Tarquinia non è, e mai sarà in competizione con l'amministrazione comunale e provinciale di Viterbo per il terzo scalo aeroportuale della regione Lazio». Ma nonostante, l’apprezzato se pur tardivo, dietro frunt del primo cittadino cornetano, le parole del sindaco di Civitavecchia tuonano come fulmine a ciel sereno, soprattutto perché pronunciate ad una manciata di giorni dalla fatidica decisione del ministro Bianchi.
Tali parole hanno il suono della congiura ordita da chi pensa, suo malgrado, di arrestare, pugnalando alle spalle, i sostenitori di un verdetto ormai scritto. Da un anno si parla quotidianamente dell’aeroporto viterbese, ed ora che siamo giunti all’ambito traguardo spuntano fuori qua e là oppositori dell’ultim’ora buoni solo ad ingenerare perplessità sugli autentici interessi dagli stessi perseguiti. Dove eravate qualche mese fa?
Tra questi, l’autoreferenziato esperto di logistica Moscherini, sindaco di Civitavecchia, gia ex deus ex machina del medesimo porto, il quale forse dimentica che l’aeroporto, della non sua Tarquinia, è posto sulla verticale del punto più trafficato d’Italia da parte degli aerei di linea, ovvero il cd enter point di Fiumicino, e per di più, situato a poche centinaia di metri dalla popolosa loc. S. Giorgio e dall’ottocentesco borgo delle Saline attaccato all’omonima "Oasi Naturale". Dimentica altresì, che l’Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo ha più volte bocciato tale ipotesi aeroportuale.
Signor Sindaco siamo abituati a colpi d’artiglieria pesante, e da qualche tempo ci stiamo abituando anche alle armi chimiche che credevamo fossero state bandite dalla convenzione di Ginevra, ma questa estemporanea uscita francamente da Lei non c’è la saremo mai aspettati. Anzi, prevedevamo da lei un caloroso appoggio. Ma le vie del signore sono infinite, forse con la sua uscita voleva sbaragliare dal campo ogni possibilità del nuovo Patron del porto di Civitavecchia, Fabio Ciani, di implementare intelligentemente l’opera da Lei cominciata, dotando il porto di un aeroporto? Cosicché Lei sarebbe risultato il genio creatore, l’altro un mero gestore!!
Poi, francamente ci sembra un po’ eccessivo da parte sua parteggiare per Latina e Frosinone reclamando uno scalo nel basso Lazio, a meno che non stia studiando da prossimo Presidente della regione Lazio!!. Asserire, altresì, che la realizzazione dell’aeroporto nel viterbese equivarrebbe a basare futuro economico della regione Lazio sulla sabbia, appare, detto da Lei, che sulla sabbia ha fondato le proprie fortune, alquanto paradossale. Non trova? Signor Sindaco che Lei lo voglia o meno noi fonderemo il nostro futuro, non sulla sabbia ma sul solido peperino e si ricordi, lei che è uomo di mare, che anche in politica il far play paga sempre.

Il presidente del comitato aeroporto di Viterbo
avv. Giovanni Bartoletti.

REPLICHE A MOSCHERINI DI ANDREA BORGNA E TRAPPOLINI

Riceviamo e pubblichiamo - Alla luce delle esternazioni, quanto meno fuori tempo, del sindaco di Civitavecchia Moscherini, il sottoscritto e tutti coloro che credono nel futuro della Tuscia apprezzano e applaudono le precisazioni del sindaco di Tarquinia Mazzola.

Ricordate? Non tanto tempo fa, fu proprio Mazzola a proporre, per primo, Tarquinia come possibile terzo scalo aeroportuale del Lazio, non curandosi delle motivazioni tecniche che portarono tale sito a non figurare neppure nei papabili secondo l’autentico (autentico poiché identificato per legge) ente propositore: l’Enac.

Ora il sindaco di Tarquinia dichiara: «Il Comune di Tarquinia non è, e mai sarà in competizione con l'amministrazione comunale e provinciale di Viterbo per il terzo scalo aeroportuale della regione Lazio», e prosegue: “Non commento le dichiarazioni di Moscherini nate probabilmente da quanto dissi qualche tempo fa.

Avevo candidato Tarquinia per ospitare l’aeroporto solo per non far perdere lo scalo alla nostra provincia, dopo Viterbo c'è Tarquinia, prima di Latina e Frosinone. Ma con Viterbo non c'è alcuna competizione”.

Lo avrà fatto solo per ricucire con i vertici, dichiaratisi pro-Viterbo, del neo partito democratico?

Caro Mazzola, ci stupisca ancora, dia prova dei suoi sani propositi e deliberi anche lei, come tanti altri comuni della Tuscia, a favore dell’aeroporto viterbese allungando, così, la lista delle illuminate amministrazioni pro futuro.


Andrea Borgna
giovane di Forza Italia del Comune di Viterbo




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- L’assessore ai Trasporti Renzo Trappolini scende in pista e dichiara subito: “Quella di Moscherini è una fuga in solitaria. Verso dove? Correndo da solo, rischia di rimanere fermo nel suo orizzonte cittadino”.

Il terzo scalo aeroportuale del Lazio?

C’è chi dice vada fatto a Tarquinia, come il sindaco di Civitavecchia, Giovanni Moscherini. Che però resta una voce isolata.

E poi c’è chi sostiene che vada realizzato a Viterbo, ma in questo caso la lista dei pro – istituzioni in primis – è lunghissima e si basa su un lavoro iniziato ormai da tempo supportato da elementi e valutazioni concrete.

L’assessore Trappolini, spiega perché quella di Moscherini rappresenta quindi un’ipotesi estemporanea e irrealizzabile.

“Il sindaco di Civitavecchia – dice - ha reclamato la localizzazione del terzo aeroporto del Lazio nell’hinterland del porto marittimo della sua città e cioè “a cinque chilometri” dal Molo Traiano.

Lo ha fatto da “amministratore e da persona che sa di logistica”. Una dichiarazione dunque del tutto individuale e rispettabile, come lo sono tutte le prese di posizione della specie, ma non sufficiente a cancellare le valutazioni a favore della localizzazione a Viterbo fatte da organismi tecnici competenti in materia, quali Enac e Enav, e non da un cittadino singolo seppur investito di alta responsabilità”.

Niente sinergia, a differenza di quanto sta avvenendo nella Tuscia viterbese. “Prima dello sparigliamento di carte su un terreno in cui i players erano ben noti, come pure i rispettivi ed accertati pedigrees, rappresentando, al massimo livello, il comune e generale sentire delle collettività locali manifestato nelle sedi proprie – continua Trappolini - quella responsabilità avrebbe fatto ritenere più consona la strada, sempre comunque percorribile, di un confronto tra istituzioni, il Comune di Civitavecchia, la Provincia e il Comune di Viterbo, come anche quello di Tarquinia.

Le infrastrutture, si sa, non sono perfette da nessuna parte, ma si possono migliorare, specie quando sono da mettere a servizio di un interesse più generale, quello del Paese e non di pur legittime aspirazioni di campanile a possedere terra, mare ed ora anche il cielo. In sostanza, di un aeroporto che deve anzitutto essere sicuro e che non debba risolvere sulle rotte di decollo e di atterraggio problemi di convivenza con quello internazionale di Fiumicino.

Di uno scalo aereo in grado di rendere maggiormente attrattiva l’offerta dei servizi culturali e turistici ai milioni di croceristi di Civitavecchia da parte della intera enclave territoriale della Tuscia, potenziata dal collegamento naturale con l’Umbria. Forse sarà il caso che le istituzioni riflettano insieme nell’ottica di massimizzare l’efficacia della messa a disposizione degli ospiti nazionali ed esteri del Porto di Civitavecchia di un territorio il più vasto possibile, servito da infrastrutture come la trasversale e le ferrovie che lo riequilibrino sull’asse Tirreno Adriatico a beneficio di tutti”.

C’è poi un ultimo interrogativo. “Civitavecchia conta 2 milioni di croceristi, che con l’ipotesi Viterbo arriverebbero fino all’Umbria: cosa diventerebbe quel territorio – conclude Trappolini - con ulteriori 5 milioni di passeggeri”?

pubblicato su TUSCIAWEB.IT

CIVITAVECCHIA: IL SINDACO MOSCHERINI SCHIERATO A FAVORE DI TARQUINIA

- Il Lazio ha bisogno dell'aeroporto a Tarquinia. Scende in campo il sindaco di Civitavecchia Moscherini.

“Il terzo aeroporto - afferma Gianni Moscherini - va realizzato a Tarquinia, farlo a Viterbo significherebbe costruire il futuro economico della Regione Lazio sulla sabbia”.

l sindaco si inserisce nel dibattito, senza per questo scartare l’ipotesi di uno scalo aeroportuale nel basso Lazio.

PUBBLICATO SU TUSCIAWEB.IT

lunedì 20 agosto 2007

ARTICOLO IL SOLE 24 ORE SU AEROPORTI ITALIANI

Progetto di Ryanair – Il nodo Montichiari

Aeroporti militari addio

Viterbo in prima fila come terzo scalo romano


È Viterbo la città favorita per ospitare il terzo aeroporto del Lazio, che sarebbe destinato ai voli a basso costo. Alcune compagnie low cost, tra cui Ryanair, hanno mostrato interesse per il progetto e si sarebbero rese disponibili a investire per lo sviluppo dello scalo. Nella partita per il controllo degli scali militari in via di dismissione continua intanto il braccio di ferro su Brescia Montichiari.

Trasporti. Piano dell’aeronautica per la riduzione delle basi operative e il passaggio degli scali al demanio civile


Il risiko degli aeroporti militari

Il terzo polo laziale e il controllo di Montichiari accendono la contesa
Luca Benecchi

Sono la battaglia senza esclusione di colpi su Brescia Montichiari e la probabile scelta di Viterbo come terzo aeroporto del Lazio le due importanti partite sul futuro dell’assetto del sistema aeroportuale italiano che si stanno giocando in questi giorni. Due scali il cui sviluppo potrebbe cambiare non poco la geografia del traffico cargo e di quello low-cost. e in prospettiva modificare l’equilibrio tra i piccoli aeroporti di provincia e i grandi hub metropolitani sui quali pesa l’interrogativo sul futuro di Alitalia. Una sfida che è cominciata e che ha già visto scendere in campo alcuni dei protagonisti. Gli occhi sono dunque puntati su questi due aeroporti (a tutt’oggi militari) che la Difesa, per una ragione di costi, non ha più interesse a mantenere operativi. L’aeronautica già da tempo ha fatto le sue scelte strategiche: inevitabile la riduzione e la concentrazione delle basi operative. Aviano, Istrana, Ghedi, Vicenza, Trapani, Brindisi, Gioia del Colle, Pratica di Mare, Cameri e Pisa non si toccano. Ma per gli altri scali la disponibilità e trattare c’è. Anche se non si può parlare di una trattativa vera e propria bensì di un passaggio di proprietà al demanio civile. Come detto, un modo per risparmiare sui costi di gestione (l’Aeronautica nei suoi scali si occupa infatti anche del controllo di volo) in un periodo in cui i cordoni della borsa della spesa sono ben annodati. Ma non è la prima volta che si tenta questo passaggio. Un protocollo d’intesa firmato dell’ottobre 2004 dai ministri delle Infrastrutture, della Difesa e dell’Economia, conveniva di procedere alla dismissione di alcuni aeroporti militari ad uso promiscuo. Tra questi Roma-Ciampino, Ancona, Napoli-Capodichino, Brescia, Verona, Cagliari, Catania, Rimini, Palermo, Udine, Capua, Treviso e Vicenza. Da allora non è successo più nulla se non la decisione dell’attuale ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, di procedere analizzando caso per caso con l’unica clausula del costo zero per lo Stato.


GARA A TRE

Viterbo favorita su Latina e Frosinone: anche Ryanair, dopo i veti su Ciampino, avrebbe manifestato interesse per l’impianto.

Una sfida strategica è quella per l’individuazione del terzo aeroporto del Lazio. In lizza ci sono altri tre scali militari: Viterbo (sede dell’Aviazione dell’Esercito), Frosinone e Latina. La decisione sarà presa a fine settembre ma in pole position ci sarebbe proprio Viterbo in quanto vicino all’Autostrada del Sole e al porto di Civitavecchia. Le “avversarie” sembrano in affanno: Frosinone è anche residenza per diverse famiglie dei militari e il trasferimento sarebbe troppo oneroso. Latina, nonostante l’appoggio della Regione Lazio, sconta invece una carenza di collegamenti. La scelta è tanto più rilevante dopo la decisione del ministero dei Trasporti di ridurre i voli low-cost su Roma-Ciampino (anch’esso di proprietà dell’Aeronautica militare anche se gestito da Adr) da 138 a 130. Recentemente proprio alcune compagnie a basso costo, tra cui Ryanair (che ha fatto ricorso al Tar contro la decisione del ministero), avrebbero mostrato interesse dichiarandosi anche pronte ad investire cifre importanti per lo sviluppo del terzo scalo laziale.


FACCIA A FACCIA

La pista bresciana è al centro di un braccio di ferro tra la società veronese che gestisce il Catullo e le forze politiche e imprenditoriali locali.

Anche per Brescia Montichiari i nodi stanno arrivando al pettine. Il decreto per il passaggio al demanio civile è in fase di definizione. Una decisione che poi permetterebbe all’Enac di completare le procedure per l’assegnazione della concessione a una società di gestione. Ma se fino a ieri la richiesta era ad appannaggio naturale della società veronese che gestisce sia il Valerio Catullo che Montichiari, oggi le cose si sono parecchio complicate per la discesa in campo delle istituzioni bresciane. Con un accordo politico trasversale capeggiato dagli industriali (Aib) e dalla Camera di commercio si cerca infatti di riportare l’aeroporto sotto il controllo della città lombarda. Il primo a fare la voce grossa è stato il presidente dell’Aib fabio Tamburini: <>. L’accusa nei confronti dei veronesi e quella di non aver investito sul traffico passeggeri, limitando il raggio d’azione dello scalo al cargo. Solo che la partita per l’ottenimento della concessione è tutt’altro che scontata perché la Catullo detiene una sorta di prelazione. Per dirimere lo scontro nei primi giorni di agosto si è svolto al ministero dei Trasporti un primo tavolo istituzionale. La ricerca del compromesso pare inevitabile. Al fine di trovare un accordo potrebbe anche risultare decisivo, come contropartita, il passaggio al demanio civile, e quindi al Catullo, di una porzione del sedime aeroportuale ancora in capo alla Difesa proprio dello scalo di Verona. La posta in palio è alta. Il perché sta tutto nell’unicità della struttura di Montichiari, situato in una zona ad alta domanda di traffico aereo, dotata di una pista più lunga di quella di Malpensa e con un’area circostante non urbanizzata che le consentirebbe di pensare ad uno sviluppo di grandi prospettive.

In Italia ci sono 101 aeroporti destinati all’uso civile. Ventidue hanno un’origine militare e ancora oggi appartengono al demanio della Difesa. Gli altri invece sono in capo al demanio statale gestito dal ministero dei Trasporti.
Gli scali militari/civili possono essere di tre tipologie: aperti al traffico civile autorizzato, aperti al traffico solo eccezionalmente oppure promiscui. Ovvero le infrastrutture di volo, pur intestate al demanio militare, vengono utilizzate sia dai militari che dai civili ed entrambi provvedono alla spesa di manutenzione.

Tra quelli che la Difesa potrebbe cedere ci sono gli scali di Cagliari Elmas, Guidonia, Rimini Diramare, Brescia Montichiari, Roma Ciampino e Verona Villafranca.

Riforma Bianchi, un ostacolo alla concorrenza
Gianni Dragoni

Il piano del Ministro Bianchi di riforma del trasporto aereo ostacola la liberalizzazione dei cieli. E, attraverso una pianificazione statale del ruolo degli aeroporti, sbarrerebbe la strada alla compagnie a basso prezzo, le low cost. Lo sostiene l’Istituto Bruno Leoni (Ibl) di Torino, in uno studio che si intitola “La riforma del trasporto aereo – Un balzo all’indietro di dieci anni”.

Secondo il rapporto curato da Andrea Giuricin, assistente di politica economica pubblica all’Università di Milano Bicocca, la liberalizzazione del trasporto aereo, attuata grazie all’azione dell’Unione Europea negli ultimi dieci anni, verrebbe compromessa – secondo lo studio – dal disegno di legge di riforma del Ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi. Il progetto, presentato il 22 dicembre 2006 e non ancora approvato dal Parlamento, prevede in particolare “Un piano Nazionale degli aeroporti”.

Lo studio ricorda che la crescita delle low cost ha permesso lo sviluppo di aeroporti secondari con effetti benefici per il turismo e l’occupazioni di molte regioni europee periferiche. Negli ultimi cinque anni (2002-2006) la crescita dei maggiori aeroporti europei è stata inferiore al mercato, perché – osserva lo studio – “Le compagnie low cost, che hanno trainato il settore, preferiscono utilizzare scali secondari rispetto ai grandi hub dove i costi e i tempi di rotazione sono maggiori”.

Dal 2002 al 2006 la crescita del traffico è stata del 27% in tutti gli aeroporti europei. Londra Heathrow è il primo con 67,7 milioni di passeggeri nel 2006 (+6% sul 2002). Solo due italiani nei primi quindici: Fiumicino ottavo (30,33 milioni, + 22%), Malpensa tredicesimo (21,9 milioni, + 25%). Londra Stansted, base della Ryanair, è cresciuto del 48%, da 16 a 23,7 milioni.

Mostra una crescita più marcata, l’82% in quattro anni, dal 2003 al 2006, rispetto alla media europea del 21% un campione di ventuno scali più piccoli utilizzati in prevalenza dalle low cost.

Il campione è guidato da Londra Luton (9,4 milioni nel 2006, + 39% in quattro anni), include Bergamo (5,2 milioni, + 86%), Ciampino (4,9 milioni, + 185%), Pisa (3 milioni, +112%), Treviso (1,3 milioni, +96%).

Nel primo semestre di quest’anno, secondo l’Ibl, gli aeroporti italiani sono cresciuti del 9,2%: quelli con vettori low cost del 14,4%, quelli senza low cost 4,6%.

La coda delle compagnie low cost nel luglio 2007, ha raggiunto quasi il 19% del mercato italiano, rispetto al 15% dell’aprile 2006, dice l’Ibl. La quota dei vettori a basse tariffe è più alta nei voli internazionali, con il 24% contro il 7% dei voli nazionali, nei quali c’è scarsa disponibilità di slot sulle principali rotte.


DISEGNO DI LEGGE DELEGA

Per l’Istituto Bruno Leoni limiterebbe l’attività delle compagnie low cost che ha favorito lo sviluppo degli scali minori.

Secondo l’Ibl la riforma dovrebbe partire “dalla grande crescita dei voli low cost in Italia, +32,7% nell’ultimo anno, da luglio 2006 a luglio 2007”.

Il disegno di legge delega di Bianchi prevede un piano degli aeroporti, con una classificazione d’autorità che attribuisce a ciascuno “valenza nazionale, regionale, o locale”.

Secondo l’Ibl. Questo ha il chiaro obiettivo di introdurre una pianificazione statale.

Gli aeroporti locali non potranno sviluppare le tratte internazionali (…). Il ministro vuole scegliere quale aeroporto sviluppare e toglie al mercato la possibilità di scelta. Le compagnie low cost sarebbero in gran parte eliminate e la loro attività ridotta.

Altre limitazioni deriverebbero dall’”atto di indirizzo” presentato da Bianchi due mesi prima del progetto di riforma, che prevede la “riconduzione a un soggetto pubblico della gestione degli slot” e “forme di (…) razionalizzazione del traffico”. L’Ibl dubita che il soggetto pubblico sia “garanzia di una migliore gestione degli slot” rispetto rispetto all’Assoclerance (associazione tra gli operatori) e afferma che, con la “razionalizzazione del traffico”, Bianchi “ancora una volta si sostituisce al mercato e sembra voler favorire Alitalia con la riduzione della concorrenza”. Anche il piano di ridimensionamento di Ciampino, secondo l’Ibl, penalizza le compagnie low cost e i consumatori.

FONTE IL SOLE 24 ORE; PUBBLICATO SU ONTUSCIA.IT

RAPPORTO TECNICO "ENAC" VITERBO STRAVINCE.

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